Ritardo del linguaggio: cos’è e come riconoscerlo – una panoramica da 0 a 36 mesi
Il ritardo di linguaggio indica un insieme di difficoltà specifiche che compromettono la capacità linguistica del bambino. Il ritardo di linguaggio non è una diagnosi ma una condizione clinica che può interessare bambini di età inferiore ai 3 anni, in assenza di patologie neurologiche, sensoriali, cognitive o legate a sindromi genetiche.
È sicuramente vero che difficoltà linguistiche nei primi anni di vita possono risolversi spontaneamente, tuttavia la ricerca e l’esperienza clinica sottolineano che in alcuni casi si osserva il consolidamento delle difficoltà linguistiche e l’evoluzione verso un vero e proprio Disturbo di Linguaggio (DL).
Le fasi evolutive del linguaggio
Lo sviluppo del linguaggio comprende una serie di abilità che devono maturare per permettere una buona comunicazione, alcune di queste sono: capacità di ascolto, discriminazione di suoni, competenze motorie, competenze cognitive e relazionali.
È importante ricordare che lo sviluppo del linguaggio è un processo caratterizzato da un‘ampia variabilità interindividuale, le tappe riportate possono variare da bambino a bambino nei modi e nei tempi. Per cui, sebbene sia importante conoscere lo sviluppo tipico del linguaggio per monitorare la maturazione delle competenze comunicative e linguistiche del proprio bambino, non occorre preoccuparsi nel caso di piccole differenze rispetto all’andamento tipico.
Il linguaggio dai primi mesi di vita al primo anno
0-3 mesi
La principale forma di comunicazione è il pianto. A questa età il neonato ha la capacità di discriminare i suoni di tutte le lingue del mondo, a 6 mesi invece il bambino riconosce come diversi solo i suoni della propria lingua madre.
3-6 mesi
Compare la fissazione dello sguardo, il bimbo aggancia e segue lo sguardo dell’adulto e condivide gli stati affettivi, sviluppa il sorriso sociale verso persone a lui famigliari. Inizia a produrre vocalizzi, questi si inseriscono tra i turni linguistici del genitore, come se il bambino rispondesse all’adulto che gli parla.
6-9 mesi
Il bambino comincia a produrre suoni ripetitivi di vocali e consonanti, lallazione canonica (per esempio ma-ma-ma, pa-pa-pa).
9-12 mesi
Il bambino impara a produrre sillabe con consonanti diverse, lallazione variata e variegata con ricchezza di suoni vocalici e consonantici (per esempio: ma-ba-ta).
Cresce la capacità di interagire con le persone, nasce la comunicazione intenzionale, il bambino comprende la comunicazione gestuale e semplici richieste.
C’è una notevole discrepanza tra comprensione e produzione: il bambino comprende molte più parole di quante ne sappia dire; è in questo periodo che si sentono per la prima volta le parole mamma e papà.
Il bimbo inizia ad usare il gesto dell’indicazione (gesti deittici) accompagnati da vocalizzi per fare richieste o esprimere bisogni; compaiono anche i primi gesti che “rappresentano” qualcosa (gesti referenziali) ad esempio il gesto del ciao, del bacio, scuotere la testa per dire “no”, che nascono da routine sociali e dai giochi con l’adulto.
L’esplosione del vocabolario e lo sviluppo della grammatica
12-18 mesi
Dopo la comparsa delle prime parole intorno ai 12 mesi si ha un progressivo ampliamento del vocabolario, che “esplode” intorno ai 18 mesi.
È in questa fase che il bambino utilizza olofrasi, ossia parole singole che assumono il significato di un’intera frase.
Il bambino esegue comandi che prevedano una sola risposta, risponde al nome e capisce frasi brevi (per esempio “dov’è la mamma?”).
18-24 mesi
Dopo le prime 50 parole, il bambino acquisisce nuove parole molto più rapidamente fino al raggiungimento di 200/300 parole a 24 mesi. In questa fase il bambino si interessa ai nomi delle cose e comincia ad utilizzarli sempre più frequentemente.
Compaiono le prime combinazioni di parole ma gli enunciati di una sola parola sono ancora prevalenti. Successivamente il bambino si esprime con un linguaggio telegrafico, cioè incrementa l’utilizzo di enunciati multiparole ma la struttura grammaticale è ancora rudimentale, spesso manca il verbo e non vi sono articoli, preposizioni e altre parti della frase (per esempio “mamma pappa” e “papà bua”).
La comprensione linguistica si amplia, il bambino comprende ordini semplici e richieste, relazioni spaziali e indentifica gli oggetti in base al loro uso.
24-30 mesi
Il bambino acquisisce il controllo delle principali regole grammaticali in enunciati semplici e complessi, compare l’uso di verbi e aggettivi (per esempio “la mamma va via” o “che cos’è questo?”) anche se con errori grammaticali.
Il bimbo è in grado di seguire una storia per 5-10 minuti, indica immagini in risposta ad una domanda specifica.
30-36 mesi
La frase si amplia fino a diventare completa, il bambino inizia ad usare articoli, preposizioni e pronomi (per esempio “Mamma, mi dai la matita?”).
Lo sviluppo della morfo-sintassi è un processo lento e graduale che prosegue in età prescolare e scolare perfezionandosi nel corso del tempo.
L’aspetto fonetico articolatorio progressivamente si stabilizza fino a completare l’inventario fonetico della lingua italiana entro i 6 anni.
Il bambino comprende semplici storie supportate da immagini, capisce bene le situazioni, descrive gli elementi più significativi delle figure e risponde a domande.
Sviluppo del linguaggio: quando preoccuparsi?
Un bambino che a 24 mesi produce meno di 10 parole differenti e/o a 30 mesi non è in grado di combinare parole per formare piccole frasi si definisce “late talker” (parlatore tardivo).
I bambini parlatori tardivi possono evolvere in due modalità differenti:
- la maggior parte dei late talkers raggiunge adeguate competenze linguistiche entro i 36 mesi. Sono i cosiddetti “late bloomers”, ossia bambini che “sbocciano” in ritardo;
- in una percentuale minore di late talker le difficoltà linguistiche persistono oltre i 36 mesi. Sono i bambini nei quali il ritardo iniziale si struttura in un Disturbo del Linguaggio.
Esistono dei campanelli d’allarme da tenere a mente e in presenza dei quali è consigliabile attivarsi e rivolgersi agli specialisti (neuropsichiatra infantile e logopedista). In questo modo sarà possibile individuare precocemente eventuali difficoltà e intervenire nella modalità più adeguata rispetto al bisogno del proprio bambino.
I principali campanelli d’allarme sono:
- a 12 mesi difficoltà di comprensione linguistica
- a 24 mesi lessico povero (inferiore a 10 parole) e/o difficoltà di comprensione
- a 30 mesi assenza di combinazione di due parole e/o difficoltà di comprensione
In questi casi è necessario effettuare una visita neuropsichiatrica infantile. Il medico svolgerà un’accurata valutazione clinica del bambino e una consulenza con i genitori per raccogliere notizie sull’anamnesi del bambino, analizzare le condizioni di rischio che potrebbero portare ad un disturbo del linguaggio e proporre una valutazione logopedica.
Il logopedista valuterà le abilità linguistiche e, in accordo con il neuropsichiatra, proporrà una presa in carico precoce per lavorare sul ritardo linguistico, fornendo alla famiglia strategie ben precise da operare a domicilio e nella quotidianità per stimolare l’acquisizione del linguaggio.