Disgrafia: scopriamone di più
Disgrafia: definizione
La “disgrafia” è un disturbo specifico dell’apprendimento che si manifesta come difficoltà a riprodurre sia segni i alfabetici che quelli numerici; essa riguarda quindi esclusivamente il grafismo e non le regole ortografiche e sintattiche, sebbene influisca negativamente anche su tali acquisizioni a causa della frequente impossibilità di rilettura e autocorrezione.
Disgrafia: le cause
Nell’atto di scrittura, oltre al significato (il contenuto del messaggio che si intende condividere) è coinvolto anche il linguaggio, che diviene rappresentazione attraverso un insieme di segni detti “grafemi”. Vi sono poi delle componenti che possiamo definire esecutivo-motorie, ovvero:
- il movimento implicato nella costruzione dei grafemi;
- posizione e prensione: il bambino scrive in modo irregolare, la sua mano scorre con fatica sul piano di scrittura e l’impugnatura è spesso scorretta
- orientamento nello spazio del foglio che accoglie i grafemi: la capacità di utilizzare lo spazio a disposizione è solitamente molto ridotta. Il bambino non rispetta i margini del foglio
- pressione sul foglio: talvolta troppo forte, talvolta troppo debole
- direzione del gesto grafico: sono frequenti le inversioni nella direzionalità del gesto
- esecuzione di copie: la copia di parole e di frasi è scorretta e ricorrenti sono le inversioni del gesto. Gli errori sono dovuti a scarsa coordinazione oculo manuale
- ritmo grafico: si evidenzia un’alterazione del ritmo di scrittura
- gli strumenti (matita, pennarello, biro) utilizzati.
Il rapporto tra movimento e strumento è mediato dalla prensione della mano, ma nell’atto di scrittura è coinvolto l’intero corpo. Infatti, per scrivere è necessario essere in grado di compiere una dissociazione tra:
- parte inferiore e superiore del corpo (mantenere la postura seduta e concentrarsi sull’azione degli arti superiori);
- i due emilati (destro e sinistro), a seconda di quale sarà l’arto dominante;
- i movimenti di spalla-gomito-polso e dita della mano che scrive.
Inoltre è necessaria la coordinazione tra movimento della testa e controllo visivo (in gergo tecnico “coordinazione occhio-mano), dovendo prendere punti di riferimento percettivo-spaziali sul foglio (righe e quadretti). La modulazione della forza e dell’impegno tonico, infine, consentendo fluidità e continuità del gesto, senza interruzioni o variazioni di velocità.
Nel bambino disgrafico l’integrazione delle componenti esecutivo-motorie è compromessa, e il risultato che ne consegue è una scrittura disordinata, scarsamente leggibile, nonostante lo sforzo che può richiedere la sua realizzazione. Non dobbiamo però commettere l’errore di intendere il bambino disgrafico unicamente come un “cattivo scrittore”, con una brutta impugnatura e i quaderni frequentemente “disordinati”: sarà importante riconoscere quei segnali della motricità, della consapevolezza corporea, della conoscenza e gestione dello spazio e della coordinazione delle diverse funzioni percettivo-motorie che ci illustreranno la specificità del suo quadro.
La disgrafia di ogni bambino, quindi, va affrontata andando a ricercare qual è l’alterazione in una o più aree coinvolte per poter riconoscere e precisare le origini di ogni specifico disturbo grafico.
Qual è invece la differenza tra disortografia e disgrafia, entrambi disturbi della scrittura?
La disortografia consiste nella difficoltà di convertire in simboli grafici (le lettere alfabetiche) i suoni del linguaggio verbale, mentre la disgrafia riguarda, come descritto finora, l’abilità grafo-motoria.
La disgrafia può influenzare in modo negativo la fase di consolidamento delle diverse competenze, ad esempio di quelle ortografiche – uno sforzo eccessivo nel movimento può far perdere l’attenzione del bambino alla costruzione corretta della parola – ma anche di quelle legate al calcolo: sul quaderno di matematica la scrittura dei numeri deve essere adattata al quadretto e le operazioni vanno incolonnate.
Di frequente nel bambino con disgrafia si presentano disturbi correlati, tra cui il Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD), con cui si intende una difficoltà nelle abilità di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e di regolazione del livello di attività, ovvero un quadro associato di ipercinesia (un eccesso di movimenti).
Inoltre, considerata la stretta relazione tra scrittura e movimento, sarà necessario valutare anche la possibile associazione al Disturbo di Sviluppo della Coordinazione Motoria e/o alla disprassia, ovvero la difficoltà di compiere gesti coordinati e diretti a uno scopo.
Disgrafia: come riconoscerla?
Anche se la diagnosi di disgrafia può essere fatta solo alla fine della seconda elementare, ovvero nel momento in cui il processo di apprendimento della scrittura corsiva dovrebbe essere consolidato, possiamo notare eventuali segnali di rischio nel comportamento motorio del bambino anche prima.
Osservando il comportamento spontaneo del bambino piccolo (3-4 anni di età) si deve in primo luogo considerare l’equilibrio fra le attività motorie globali e quelle manuali, importante perché indice di uno sviluppo armonico. Un indice di disequilibrio si può riscontrare sia nei bambini che non riescono mai a stare fermi, che si muovono senza uno scopo preciso e spesso cadono, sia nei bambini che prediligono attività sedentarie, anche se, a un’attenta osservazione, potrebbero risultare ripetitivi nelle azioni con abilità manuali povere e di scarsa precisione.
Nell’osservazione si terrà conto, in relazione all’età, dello sviluppo delle coordinazioni motorie (correre, saltare, arrampicarsi, superare gli ostacoli, lanciare e ricevere la palla eccetera) e dell’evoluzione degli “schemi d’azione manuali”: infilare e sfilare (perline, anelli, bottoni, pasta…) da supporti rigidi (ad esempio bastoncini) e/o flessibili come corde e laccetti; mettere dentro-fuori; aprire e chiudere (scatole, barattoli, cerniere…); rovesciare e travasare; avvitare e svitare; appallottolare (la carta, il pongo, fazzoletti di tessuto…), strappare, piegare, raccogliere; far rotolare.
Scarse competenze motorie favoriscono il prolungamento di una dipendenza dall’adulto per quanto riguarda attività come vestirsi, lavarsi, allacciarsi le scarpe eccetera. Parliamo ad esempio di bambini non ancora in grado di infilare i bottoni nelle asole o di aprire e chiudere le cerniere. Spesso sono particolarmente lenti, oppure tendono a concludere frettolosamente azioni come lavarsi i denti, mettersi il pigiama, infilarsi i calzini. Difficoltosa potrebbe essere anche la gestione del cibo con le posate.
A scuola, questi bambini incontrano facilmente difficoltà nella cura e nell’ordine del proprio materiale (ad esempio l’astuccio e lo zaino), o nell’organizzazione dello spazio del banco. Spesso non amano disegnare o preferiscono realizzare forme “astratte”, per evitare la frustrazione legata al non sentirsi capaci di “far bene” come gli altri in questa attività. Sono bambini che faticano anche nelle attività che prevedono l’utilizzo di forbici e righello, o nella gestione dell’attività fisica, soprattutto di quegli sport di coordinazione con la palla e in cui vi sia l’aspetto della competizione.
Un’attenta osservazione di questi primi segnali che riguardano il movimento consentirà di condurre precocemente il bambino all’attenzione dei professionisti per attivare, nei casi in cui vi fosse la necessità, un intervento specifico.
Nella valutazione sarà utile definire il profilo soggettivo di ciascun bambino. In particolare si osserverà la qualità e l’organizzazione del movimento espresse nelle coordinazioni nello spazio, nelle attività con la palla, nel controllo posturale in situazione statica e dinamica, e infine nella motricità fine e nell’attività prassico-manuale.
Fondamentale sarà considerare l’abilità di riprodurre modelli, tra cui anche quelli grafici. Già in questa occasione, quindi, anche nel caso del bambino in età pre-scolare, vi sarà modo di registrare quegli aspetti che possono essere coinvolti nella disgrafia, ovvero: la qualità del tratto grafico e l’eventuale presenza di tremori, cambi di rotta o interruzioni nel segno; la capacità di copiare una forma rispettandone dimensioni e proporzioni, l’organizzazione spaziale generale nel foglio; la capacità di orientare il gesto grafico prendendo punti di riferimento spaziali.
Ulteriori esami forniranno una valutazione sulla percezione visiva, sull’integrazione visuo-motoria e sull’eventuale presenza di un Disturbo di Sviluppo della Coordinazione Motoria o di disprassia.
A partire dalla fine del secondo anno della scuola primaria, una specifica valutazione sarà utile per confermare e supportare la diagnosi di disgrafia attraverso l’utilizzo di test specifici strutturati per valutare la scrittura corsiva.
Disgrafia: i test
Tra i test utilizzati per la valutazione della scrittura citiamo il BHK (Scala sintetica per la valutazione della scrittura in età evolutiva) e il DGM-P (test per la valutazione delle difficoltà grafo-motorie e posturali della scrittura).
Complessivamente, la valutazione consentirà di individuare le aree di compromissione e fragilità che concorrono alla definizione del disturbo, mettendo in luce le differenze soggettive ed evidenziando non solo se il bambino è disgrafico o no, ma anche in che misura si esprime la sua disgrafia.
Rieducazione alla scrittura e quaderni per la disgrafia
A partire da queste basi si costruirà l’intervento riabilitativo.
Da un punto di vista generale, in ambito terapautico è prioritario costruire, assieme al piccolo, la sua disponibilità emotiva all’apprendimento e la sua consapevolezza di potersi mettere in gioco con serenità nei compiti che gli vengono affidati. Questo significa accogliere il bambino e i suoi vissuti, accompagnandolo verso una maggiore consapevolezza di sé, delle proprie capacità e difficoltà.
Il bambino viene così progressivamente guidato dal terapista verso attività che richiedono un adattamento alle richieste dell’ambiente esterno, come ad esempio saper imitare, seguire delle consegne verbali esercitando un’attenzione stabile sul compito fino al suo esaurimento e avere la capacità di tollerare le eventuali frustrazioni che possono derivare dai possibili fallimenti incontrati. Durante il percorso si esercita la motricità nelle sue diverse componenti attraverso l’integrazione di altre funzioni dello sviluppo (attenzione, linguaggio, memoria eccetera).
Può essere utile, quando necessario, condividere con il contesto scolastico e con la famiglia del piccolo l’utilizzo di alcuni ausili, che devono rispecchiare i bisogni individuali di ogni bambino disgrafico e che vengono scelti dopo un’accurata valutazione e concordati con l’ambiente di vita (ad esempio quaderni, facilitatori per la prensione).
Una possibilità può essere quella dell’uso di quaderni per la disgrafia con righe e quadretti evidenziati in presenza di disturbi visuo-percettivi.
Tra gli esercizi da fare per prevenire l’evoluzione di un disturbo del movimento, che esiti nella disgrafia, saranno da considerare tutti quelli relativi alle abilità manuali. Oltre a favorire l’attivazione di tutti gli schemi d’azione e delle loro possibili combinazioni, utili sono quelle attività che sollecitano la forza e la percezione di ogni singolo dito.